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La newsletter #2: Liberati dalle aspettative altrui (riconoscere il proprio Dharma)

Eccomi da te con la seconda letterina. Prima di parlare di yoga, voglio raccontarti qualcosa di me. Fin da piccola, ho sempre amato scrivere. Da persona poco costante, non sono mai riuscita a tenere quotidianamente un diario, ma sono sempre tornata alla scrittura come forma di espressione delle mie emozioni e del mio vissuto.

 

Spesso ho scritto per esprimere e comprendere meglio le mie paure, fragilità, contraddizioni. Ho scritto quando ero titubante circa la strada da prendere, quando non sapevo cosa fare della mia vita, quale fosse il mio posto nel mondo. Oggi, che ho superato i 30 e molta più consapevolezza di me stessa, vorrei parlarti di una parola che appartiene alla filosofia dello yoga e che trovo meravigliosa: Dharma.

 

Come tutte le parole sanscrite, è impossibile assegnare un significato univoco al concetto di Dharma.  Semplificando all’osso, mi piace pensare all’immagine di un fuoco che brucia dentro ognuno di noi e che viene alimentato dai nostri desideri più profondi e autentici. Nella prospettiva yogica, il desiderio (Kama) è identificato come la prima causa della sofferenza (Duḥkha) insieme all’ignoranza, avidyā. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che esistono diverse tipologie di desideri: quelli legati alla sfera dell’ego (l’immagine che vogliamo trasmettere di noi stessi, la nostra posizione sociale, il ruolo che ricopriamo nel contesto lavorativo, e così via) e quelli legati al nostro dharma, e quindi al nostro sé più profondo, spogliato di tutte le sovrastrutture, i condizionamenti sociali, le narrazioni con cui ci confrontiamo ogni giorno.

 

Un po' di tempo fa, parlando di questo tema durante una classe di yoga, avevo condiviso questo schema con il gruppo: 


 

Desideri dell'Ego

  • indotti, legati alla sfera del riconoscimento sociale

  • danno origine a un senso di mancanza che si autoalimenta (se raggiungo x, diventerò y. Allora sarò felice > poi il ciclo ricomincia)

  • derivano dal paragone e non dall'autoanalisi, spesso sono anzi legati a una scarsa conoscenza di sé

 

vs.

 

Desideri legati al proprio Dharma

  • ricerca di qualcosa che è già dentro di te, che già ti appartiene (intriseca, non estrinseca)

  • non provi mancanza o desiderio poiché il tuo dharma è slegato e indipendente dal condizionamento sociale

  • non devi diventare nulla, casomai riconoscerti e vivere secondo la tua natura



 

Nello yoga ci liberiamo del superfluo per lasciare spazio all’essenza e alla scoperta di dharma come qualcosa che, come dico poche righe sopra, è già dentro di noi. Mi rendo conto che si tratti di un forte paradosso: come si può desiderare qualcosa che è già dentro di noi? Il punto è proprio questo: yoga è uno sforzo di liberazione dal superfluo, da ciò che non riconosci intimamente come “io”, dal rumore di fondo che ti rende impossibile capire cosa senti davvero, impegnatə come sei a ricevere stimoli che in realtà non ti servono (vedi mail di ieri). 

 

È per questo che senti parlare continuamente di “lasciare andare”: quando facciamo un percorso nello yoga dobbiamo essere disposti a lasciare andare delle cose che riconosciamo come non necessarie, se non addirittura tossiche. Schemi mentali, relazioni, narrazioni che ci raccontiamo per sentirci al sicuro. 

 

Tutto questo fa paura. Come nella psicoterapia, non tutto quello che emerge ci piace ed è facile da digerire. Tuttavia, venire a patti con le nostre paure è fondamentale per fare un passo avanti verso ciò che siamo, per passare dalla sfera dell’ego alla sfera del dharma. 

Non voglio assolutamente farti credere che attraverso lo yoga questo passaggio accada in modo “accelerato” o che la “trasformazione” sia lì ad aspettarti una volta srotolato il tappetino. Voglio anzi che passi il messaggio che è un processo lungo che inizia con un’esperienza semplice: rimettersi in contatto con il proprio corpo, ascoltarlo mentre si muove, assecondarlo. Ti dirò di più: io alla trasformazione non ci credo. Credo che non ci sia proprio niente da trasformare. Casomai, c’è da ri-conoscersi. 

 

Yoga è anche questo: essere esattamente ciò che si è. Sentirsi giusti nel corpo e nella mente. Essere liberi di desiderare per avvicinarsi al proprio dharma e non per soddisfare le aspettative altrui. Voglio lasciarti con un invito: anche se al momento non hai tutte le risposte e non ti senti completə, accogli il tuo presente con tutte le sue contraddizioni. Coltiva dharma, restando presente. Lo so, è difficilissimo. Ma sai che c’è? Ti rende liberə

E di essere liberi vale sempre la pena. 

 

Ti abbraccio e ti auguro di coltivare il tuo dharma già da oggi. Noi ci sentiamo domani con la terza e ultima letterina.

 

Namasté,

Martina


 
 
 

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