La newsletter #4: Yoga, chakra ed emozioni
- Martina Carrubba
- 28 mar
- Tempo di lettura: 6 min
Inizia un nuovo mese e io sono felice di tornare nella tua inbox per raccontarti un po’ delle ultime pratiche, dei temi che abbiamo affrontato durante le classi in presenza e online e di quelli che ci accompagneranno durante l’estate 🌻
A maggio, il fil rouge delle nostre pratiche è stata la connessione tra yoga ed emozioni, tra corpo fisico e corpo sottile, tra asana e stati di coscienza. Se è vero che il corpo è uno specchio di ciò che accade al nostro interno, è anche vero che agire sul corpo a livello energetico ci consente di lavorare sulla mente, riconoscere i nostri blocchi emotivi e liberarci da vecchi schemi che ci appaiono ineluttabili ma che sono in realtà il risultato del nostro vissuto e come tali possono essere riconosciuti, elaborati, e infine lasciati andare.
Ne abbiamo parlato durante il workshop con cui abbiamo aperto questo mese di pratiche primaverili: lo yoga (ormai lo dice anche la scienza) ci aiuta a riprogrammare la mente favorendo l'aumento della neuroplasticità. In parole povere, al nostro cervello piace l’abitudine e vi si adagia senza tanti complimenti. Questo crea in noi degli automatismi (in sanscrito, “samskara”: «disposizione interiore», «traccia»; nel Buddhismo sono le “impressioni” lasciate del karma passato che causano i fenomeni presenti) che ci inducono a ripetere sempre le stesse azioni, con il solito schema.
La brutta notizia è che è molto difficile uscire dai nostri schemi; la bella notizia è che lo yoga e la meditazione, proprio grazie alla neuroplasticità, ci aiutano tantissimo ad andare in quella direzione. È moksha, la libertà dal ciclo karmico e dai samskara: e quindi la liberazione.
Parlando di yoga, mente ed emozioni è impossibile non parlare anche di chakra. È vero che pensando ai chakra a molti di noi viene subito in mente l’immagine decisamente new age del santone attraversato da queste “ruote colorate” (e se non ti è venuta in mente, te la metto io qui sotto) e per certi versi può essere fuorviante.

Ma se ti dicessi di immaginare i chakra semplicemente come degli stati di coscienza legati a determinati aspetti dell’emotività e dell’esperienza vissuta, o come delle porticine sul nostro sentire attraverso cui possiamo guardare per individuare i nostri punti di dolore e conoscerci meglio per poter meglio lavorare su noi stessi?
In fondo non è importante che i chakra “esistano” o meno, o sapere esattamente quanti siano. Se fai un rx del tuo busto non troverai i chakra. Ma questo non importa, perché la bellezza del corpo sottile sta proprio nell’imparare a riconoscerlo senza vederlo, senza la pretesa di razionalizzarlo e di dargli una precisa collocazione materiale.
I chakra sono centri energetici che vengono associati ad alcuni punti del corpo lungo la colonna vertebrale. Questi punti rappresentano l’intersezione tra i due principali canali energetici, detti nadi, responsabili del trasporto del prana nel corpo sottile, Ida e Pingala (legati rispettivamente al lato sinistro, che racchiude l’energia femminile, lunare, legata al sistema nervoso parasimpatico, e al lato destro, che convoglia invece l’energia maschile e solare, legata al sistema nervoso simpatico).
Dal basso verso l'alto, troviamo:
Mūlādhāra, detto anche “chakra della radice” poiché viene rappresentato alla base della spina dorsale. In questo chakra ha origine il radicamento alla terra e in se stessi, e rappresenta quindi la stabilità psichica, l’istinto di sopravvivenza e il bisogno di sicurezza. È essenziale prendersene cura poiché soltanto dopo essersi assicurato la sopravvivenza materiale l’essere umano può concentrarsi su attività quali imparare, creare relazioni, coltivare la spiritualità e in generale accedere agli stati di coscienza superiori. Lavoriamo su questo chakra per sentirci radicati e al sicuro.
Svādhiṣṭhāna, il chakra sacrale. Si trova poco sotto l’ombelico ed è collegato alle ghiandole surrenali e agli organi riproduttivi. È la sede della ricerca del piacere ed è legato all’elemento acqua. Questo chakra è associato all’inconscio e al deposito delle impressioni mentali di cui abbiamo parlato sopra (samskara). Le qualità dell’acqua rappresentano liquidità, fluidità, flessibilità e capacità di adattamento. È utile lavorare su questo chakra durante i momenti di grande cambiamento in cui ci sentiamo fragili e destabilizzati, o se abbiamo subito dei traumi mai affrontati o completamente guariti.
Maṇipūra, il chakra del plesso solare. Correlato a volontà, potere personale e senso di identità, è dominato dall’elemento fuoco e connesso agli organi digestivi e ad Agni, che nell’ayurveda è proprio il fuoco che brucia le impurità. È collegato ai nostri sogni e desideri, in quanto governa l’autostima. Controlla il metabolismo ed è legato quindi alla trasformazione, alimentando il processo di rinascita e cambiamento. È consigliabile lavorare sul plesso solare se si ha una bassa autostima, ci si sente insicuri e inadeguati.
Anāhata, il chakra del cuore. Situato proprio nella sede del cuore e collegato alla ghiandola del timo, rappresenta quel livello di coscienza in cui ci apriamo all’altro. È quindi per eccellenza il cakra dell’amore, della relazione, dell’empatia, nonché del perdono. Connesso all'elemento aria, anāhata è collegato alla nostra capacità di ricevere l’amore, oltre che di donarlo, e di provare la gratitudine per la vita. È un chakra su cui lavorare quando sperimentiamo periodi di solitudine o di chiusura in noi stessi.
Viśuddha. È il chakra della gola, in relazione con la capacità di comunicare, ma anche di ascoltare. Interessa la gola, le corde vocali, la trachea e la tiroide. In quanto intrinsecamente legato alla parola e al linguaggio, come anahata regola le relazioni ma anche la capacità di esprimersi e la creatività. Quando facciamo fatica ad esprimere noi stessi e le nostre emozioni, lavorare su questo chakra può essere di grande aiuto.
Ajña, il chakra del terzo occhio. Qui hanno sede il nostro intuito, le nostre idee, l’immaginazione creativa, la nostra parte più saggia. Spesso si medita sul terzo occhio proprio per connettersi alla saggezza intrinseca del corpo, all’intuizione e a un’intelligenza che va oltre la razionalità.
Sahasrāra. Situato sulla sommità della testa e collegato alla ghiandola pineale (epìfisi), è la sede del Sé e della più elevata perfezione umana. Quando la piena consapevolezza è in sahasrāra la divisione tra l’Io interiore e la realtà esterna si annulla e si sperimenta samadhi, uno stato di piena beatitudine e di connessione con il tutto.
Ci sono mille modi per interpretare i chakra e inserirli all’interno della pratica yoga. Personalmente mi piace pensare che più risaliamo i chakra verso l’alto, più ci avviciniamo ad Atman, il Sé, l’essenza più pura che risiede in ognuno di noi e che ci connette al divino. Ma i chakra rappresentano anche un bellissimo mezzo per interpretare i segnali del nostro corpo e per comprendere a cosa possiamo dare la priorità, dal punto di vista energetico, quando lavoriamo su noi stessi.
Ti faccio qualche esempio: se tendi a chiuderti in te stessa e fai fatica a fidarti degli altri, probabilmente è il caso di lavorare sulle asana di apertura del torace (Anāhata), o magari su posture legate all'elemento acqua che stimolino Svādhiṣṭhāna, il centro legato alla sessualità. Se hai difficoltà ad esprimere le tue emozioni, puoi lavorare su Viśuddha, il chakra della gola (es. ustrasana, la posizione del cammello). Se hai avuto dei traumi durante l’infanzia che ti fanno sentire costantemente minacciato, non al sicuro, lavorerei su muladhara, con posture calmanti e radicanti come malasana o baddha konasana.
Ed è così che lo yoga come pratica psicosomatica diventa uno strumento essenziale per riconoscere, processare e vivere le emozioni senza doverle reprimere, nel solito modo che ormai conosci: senza giudizio, senza dualismo positivo/negativo, e soprattutto con fiducia nel corpo come luogo e strumento di guarigione. Se hai scelto di praticare, sei sulla strada giusta e forse non te ne sei ancora resa conto, ma stai dimostrando grande coraggio.
Conoscersi a fondo è un processo che può essere doloroso, ma ti darà tutto il beneficio del mondo. Ce lo diciamo sempre, in classe: nello yoga, la consapevolezza è tutto.
E per lasciarti con un ulteriore invito alla consapevolezza, voglio chiudere questa newsletter con alcuni consigli di lettura per approfondire i temi che abbiamo affrontato questo mese:
Sui chakra:
Anodea Judith, Il libro dei chakra
Per fare primi passi nella filosofia dello yoga:
B.K.S. Iyengar, L’albero dello yoga
Donna Farhi, Lo yoga nella vita
Per approfondire il tema dell’iper-mentalizzazione, di cui abbiamo parlato nel workshop:
Francesca Pizzuti, Non capisco: il mito dell'intelletto e le derive di un approccio mentale non integrato
Praticare con qualcuno che ti supporti è meraviglioso, ma per me lo è anche studiare e fare ricerca sui temi che sento più vicini a me in autonomia. Per questo consiglio sempre di affiancare le pratiche alla lettura di alcuni testi (che non devono essere necessariamente i “mattonazzi” della letteratura induista! Quelli che ti ho consigliato sono super accessibili ed è sempre meglio iniziare da quelli per non farsi intimorire 😌).
Ci siamo, dunque! Se mi hai seguito fin qui, ti ringrazio di cuore e spero che questi spunti ti siano stati di ispirazione per il tuo viaggio yogico di introspezione e guarigione.
Ci vediamo prestissimo sul tappetino (spoiler del mese: sankalpa).
Namasté e buon giugno,
Martina
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