La newsletter #8: la lentezza è sempre stata il mio superpotere. E il tuo, qual è?
- Martina Carrubba
- 2 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Torno da queste parti dopo un bel po' di tempo. Sai, ne avevo proprio bisogno. Spero che tu possa leggere queste righe con calma, magari in un momento di pausa o di riposo. Un momento solo tuo, in cui goderti il tempo che rallenta. Perché di lentezza parleremo.
È la mattina del primo lunedì di marzo. Avrei mille cose da fare, dopo un weekend lento di auspicato - e più che mai necessario - ozio. Lezioni da preparare, contenuti da organizzare, fatture e altre cose che, pur noiose, vanno fatte (anche se trovo che ci sia qualcosa di poetico e rilassante nella ripetitività delle cose noiose).
Ma la cosa che mi premeva di più era sedermi a scrivere la newsletter. E non perché ve ne avevo promessa una al mese, e se non ricordo male l’ultima l’ho mandata a settembre; ma perché, sono sincera, ne ho bisogno. Ho bisogno di cose fatte con calma e con lentezza. Perché è quello che insegno alle persone, ma poi la mia vita va spesso in un’altra direzione. Una classe dopo l’altra, sveglia all’alba, poi torna a casa, prepara il pranzo, butta un’occhio all’agenda per vedere su cosa farai la prossima lezione, oddio non l’ho preparata, che cretina. E ora? E vabbè, ora mi ci metto.
Sì, lo so, è normale. È la vita di tutti. Anche chi come me ha cercato una scappatoia (quanto mi stava stretto l’ufficio) si ritrova a correre nella ruota del criceto, esattamente come tutti gli altri. La performance, ahimè, ha ancora il suo fascino spettrale su di me. O forse è la paura di non farcela, che se mi fermo perdo il ritmo e poi riprenderlo è sempre più difficile.
Eppure questa velocità mi logora. Amo fare le cose lentamente e ne vado fiera. È la lentezza che mi ha sempre premiato e che mi ha permesso di raggiungere i traguardi più importanti. Mi sono laureata più in tempo di un orologio svizzero, ma quanto ci mettevo a preparare un esame? Tantissimo. Studiavo tutti i giorni, poco alla volta. Notti in bianco passate ad imprecare sui libri? Zero. La lentezza è sempre stato il mio superpotere e ora mi sembra di averlo perso. E faccio l’insegnante di yoga. Paradossale, no?
Obiettivo dei prossimi mesi, quindi: riprendermi un po’ di quella lentezza che così tanto mi appartiene - e mi manca.
Ma Martina, mica viviamo nel mondo degli unicorni e delle fatine, penserai. La spietatezza del mondo capitalista non fa sconti. Chi si ferma è perduto! Mi sembra di averlo scritto nella prima primissima newsletter: per me, fermarsi è forse l’unico modo per non perdere sé stessi.
Ci sono alcune cose che voglio rivedere completamente, nel mio lavoro. Prima su tutte, la questione contenuti. Ragazzi, non ci sto più dietro. Questa logica del “devi pubblicare tutti i giorni, se no verrai dimenticata” inizia veramente ad essermi intollerabile. Che tutto il mio lavoro debba dipendere da quanti post a settimana pubblico su Instagram o da quanto mi mostro nelle stories mi sembra una follia. E sempre più spesso, nell’ultimo periodo, mi sono ritrovata a chiedermi: ma davvero questo è l’unico modo per fare quello che faccio? Davvero mi sono messa (e volontariamente) nella condizione di dipendere da una piattaforma che per quanto ne so potrebbe chiudere o buttarmi fuori da un momento all’altro? Davvero ho lasciato che mi risucchiasse, con le sue logiche e le sue metriche (anch’esse fuori dal mio controllo) così tanto?
E allora qual è la soluzione? Abbandonare i social del tutto? Non sono una da soluzioni drastiche o tagli repentini. Però so, e lo so in modo viscerale, che qualcosa deve cambiare. Sento di dover lasciare andare parte di quella velocità fagocitante che tanto drena le mie energie e tornare a un modo di comunicare che più si confà alle mia naturale inclinazione per le cose lente, che lentamente vanno godute, assaporate e digerite.
Come questa newsletter. Sarò anche poco costante (lo ero anche a 15 anni quando scrivevo i miei mille blog di MSN, e a questo punto credo che lo sarò per sempre), ma dentro questa newsletter ci sono io. C’è la mia fragilità, ci sono le mie paure; ma anche le mie più grandi risorse. Ho sempre amato la scrittura, ho sempre amato la lentezza. Qui dentro c’è spazio per entrambe.
E tu, cosa senti di aver perso lungo la strada che ti apparteneva e ti rendeva te? Ti invito a prenderti tutto il tempo per trovare la risposta più onesta possibile a questa domanda. Pensaci mentre ti ritagli un momento tutto tuo. Magari mentre bevi il tuo cappuccino la mattina prima di andare in ufficio, o durante una passeggiata nella natura. Rifletti su ciò che hai perso per strada e ti accorgerai che quella cosa è ancora lì da qualche parte, dentro di te. Quello che ti appartiene davvero non sparisce come le stories in 24 ore: è lì, in attesa che tu lo te lo vada a riprendere.
Oggi non ho eventi o appuntamenti yogici particolari a cui invitarti. Ci sono come sempre le mie lezioni, sia in presenza che online, che sono per me quel momento magico in cui trovo una connessione profonda con voi. Come sempre, se vuoi conoscere o riscoprire lo yoga, sei il/la benvenutə nel mio mondo. Ma per oggi volevo solo condividere con te un pezzettino del mio viaggio personale. Volevo concedermi il lusso di essere vulnerabile. Ne avevo bisogno, e mi sento più leggera.
Grazie del tuo tempo, che è ciò di più prezioso possediamo al mondo.
Ti abbraccio,
Martina
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